La “British Invasion” di cinque anni di corse Indy con auto a motore posteriore sfonda quando il Team Lotus trionfa in modo schiacciante con la prima auto a motore posteriore vincitrice di Indy, una Lotus 38 con motore Ford Indy V8. Solo 6 delle 33 auto in gara ancora con motore anteriore. Prima Indy 500 ad avere la maggior parte delle auto a motore posteriore
La data di Lunedi 31 Maggio 1965 occupa un posto speciale nella storia della 500 Miglia di Indianapolis in quando la 49esima edizione della grande corsa dell’Indiana vede il primo successo di una monoposto a motore posteriore. La vittoria porta la firma di #JimClark che quell’anno vive una stagione da incorniciare, vincendo praticamente tutte le competizioni nelle quali si cimenta. Vince il Mondiale di Formula 1 con la Lotus 33, i Trofei di Francia di Formula 2, la Tasman Cup con la Lotus 35, ma non gli sfugge il successo in alcune gare per vetture Turismo con la Ford Cortina Lotus. Ma soprattutto vince la 500 Miglia di Indianapolis dove porta per la prima volta al successo una monoposto con motore posteriore-centrale, una #Lotus 38 spinta da un Ford 4.200-V8.

Un’idea di Dan Gurney
Il progetto di partecipare alla grande corsa dell’Indiana prende corpo in occasione del Gran Premio degli Stati Uniti di Formula 1 del 1962 a Watkins Glen, dove il pilota americano Dan Gurney lancia l’idea a #ColinChapman, ma soprattutto gli parla dell’importante montepremi, argomento cui il costruttore inglese è molto sensibile.
All’epoca le monoposto protagoniste delle corse americane sono l’esatto opposto dell’idea che il patron della Lotus ha di un’auto da corsa: sono pesanti e tecnicamente superate da tutti i punti di vista, hanno vecchi telai a traliccio ed il motore anteriore. Quest’ultimo poi è un 4 cilindri bialbero turbo con ormai una dozzina di anni di onorata carriera sulle spalle. Autentici pezzi da museo, dal punto di vista di Chapman. E non solo. Ad avvalorare questa sua convinzione contribuisce poi il fatto che due anni prima #JackBrabham aveva partecipato alla 500 Miglia con una Cooper T54 e che, nonostante la minore potenza del suo Coventry-Climax FPF di soli 2,7 litri, ha concluso al nono posto la corsa dell’Indiana.
Telaio monoscocca
Rispetto alla #Cooper, alla fine del 1962 Chapman ha tre assi nella manica ed intende giocarseli tutti: il rivoluzionario telaio monoscocca della Lotus 25, il legame sempre più stretto con la Ford che guarda con crescente interesse alle corse automobilistiche ed un campione di valore assoluto come Jim Clark. Per sviluppare la prima Lotus destinata a correre la 500 Miglia di Indianapolis, parte ovviamente dalla tipo 25 di Formula 1 che è la monoposto tecnologicamente più avanzata del momento. Il telaio della Lotus 29 di Formula Indy è pertanto un’edizione allungata ed allargata di quello della tipo 25. Ciò permette alla nuova monoposto di accogliere adeguatamente l’8 cilindri a V di 4.195 cc della #Ford Fairlane con lubrificazione a carter secco che ha più del doppio della potenza (375 CV contro 180 CV) rispetto al piccolo V8 Coventry-Climax di soli 1,5 litri impiegato in Formula 1. Nel catino dell’Indiana, Clark fa una grande corsa, ma alla fine è preceduto sul traguardo da Parnelli Jones con una più tradizionale Agajanian-Offenhauser a motore anteriore. Dan Gurney è settimo con la seconda Type 29 iscritta alla gara del Memorial Day. Niente male come debutto!
Chapman decide pertanto di riprovarci nel 1964 e con la collaborazione di Len Terry allestisce una nuova monoposto. La Lotus 34 può contare su un nuovo V8 Ford con 4 assi a camme in testa da 425 CV e su speciali pneumatici Dunlop sviluppati appositamente per Indy, ma nessuna delle due vetture arriva al traguardo. Vince A.J. Foyt con la Sheraton-Thompson, ma le tradizionali monoposto americane con motore anteriore Offenhauser sono però arrivate al capolinea.

Vittoria al terzo tentativo
La prima vittoria delle monoposto a motore posteriore arriva puntualmente dodici mesi dopo. Sullo schieramento di partenza della 500 Miglia del 1965 ci sono cinque Lotus nelle prime due file: al palo c’è la Type 34 numero 1 di A.J. Foyt (Ansted-Thompson Racing) con accanto la nuova la Type 38 numero 17 di Dan Gurney (All American Racers); in seconda fila, sono schierate la Type 29 numero 74 di Al Miller (Jerry Alderman Ford Sales) e le due Type 38 ufficiali numero 82 di Jim Clark e numero 83 di Bobby Johns. Lo scozzese domina la corsa dal primo all’ultimo giro ed alla fine è primo a 243 km/h di media. Miller e Johns, rispettivamente quarto e settimo, completano il trionfo della Casa inglese.
La mamma è sempre la mamma
Al termine della 500 Miglia, Clark, assolti i doveri previsti dal cerimoniale, corre a telefonare in Scozia (all’epoca i cellulari non sono neppure fantascienza) per tranquillizzare la madre che ritiene troppo pericolosa la corsa sul catino dell’Indiana. In fondo, Indy 500 è Indy 500, ma la mamma è sempre la mamma. Anche per un asso del volante.